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Ciò di cui mi pento è l’ipocrisia
Parlo della mia, parlo della mia
L’uomo nello specchio io non so chi sia
Però ha la faccia mia, ha la faccia mia
Ero il suo modello, mi imitava sempre
Riteneva fossi bello, sì, questo lo ricordo
Ma ora se lo guardo vedo solo nostalgia
O forse gelosia, forse gelosia
Oggi sono perso, non mi riconosco
Cerco nel riflesso una certezza che non c’è
E anche se mi sposto quello segue il gesto
Evito lo sguardo perché so che pensa che
Ho sbagliato tutto e quanto sono brutto
Ma io sono lo stesso, però non capisco mai
Da che parte sto, da che partе stai?
Ciò di cui mi pento è l’ipocrisia
Parlo della mia, parlo della mia
L’uomo nеllo specchio io non so chi sia
Però ha la faccia mia, ha la faccia mia
Conosce la mia stanza e fa come se fosse casa sua
Quest’esistenza conosce la pazienza
Chissà se è lì che aspetta, che cerca compagnia
Quando vado via, quando vado via
Oggi sono perso, non mi riconosco
Cerco nel riflesso una certezza che non c’è
E anche se mi sposto quello segue il gesto
Evito lo sguardo perché so che pensa che
Ho sbagliato tutto e poi come mi vesto?
Ma io sono lo stesso, però non capisco mai
E da che parte sto, e da che parte stai?
E ti vedo molto spesso, quando canto dentro al cesso
Affacciato al finestrino, nel televisore spento
Quindi scusa se ti sembro una specie di tormento
È da un po’ che ci rifletto, è da un po’ che ci rifletto
E ti vedo molto spesso (oggi sono perso)
Quando canti dentro al cesso (non mi riconosco)
Affacciato al finestrino (cerco nel riflesso)
Nel televisore spento (una certezza che non c’è)
Quindi scusa se ti sembro (e anche se mi sposto)
Una specie di tormento (quello segue il gesto)
È da un po’ che ci rifletto (evito lo sguardo)
È da un po’ che ci rifletto (perché so che pensa che)
Hai sbagliato tutto e, Dio, quanto sei brutto
Ma io sono lo stesso, però non capisco mai
Da che parte sto, da che parte stai?
Ma da che parte sto?
Ma da che parte stai?

Spiegazione: L’uomo nello specchio
Temi principali e senso generale
«L’uomo nello specchio» è una meditazione sull’identità, sull’incoerenza e sulla distanza che spesso si crea tra chi crediamo di essere e ciò che scopriamo di essere guardandoci dentro. Il brano porta alla luce il conflitto interiore tra l’io percepito e l’io reale, l’ipocrisia che ciascuno nasconde – anche (soprattutto) a sé stesso – e la nostalgia per un’immagine “originaria” che ormai non si riconosce più.
Silvestri chiede: «L’uomo nello specchio io non so chi sia / però ha la faccia mia» — l’immagine riflessa è familiare, porta i segni del soggetto, ma appare estranea, quasi un ospite della propria esistenza. Questo scollamento interiore diventa il nodo emotivo centrale del testo.
Il rimando all’ipocrisia – «Ciò di cui mi pento è l’ipocrisia / parlo della mia, parlo della mia» – indica che l’“estraneo” nello specchio è anche la versione di sé che abbiamo costruito a forza di autoinganni, compromessi, maschere sociali.
Struttura del conflitto interiore
- Perdita e disorientamento Versi come «Oggi sono perso, non mi riconosco / Cerco nel riflesso una certezza che non c’è» mostrano chiaramente che chi parla è in uno stato di smarrimento. Non si tratta solo di non piacersi, ma di non riuscire a capire quale parte di sé sia autentica. Il gesto che “segue” anche se ci si sposta (“E anche se mi sposto quello segue il gesto”) intensifica la sensazione che l’immagine riflessa sia in qualche modo autonomamente viva — una presenza che persiste e giudica.
- Autoaccusa e insicurezza C’è un tono severo verso se stessi: «Ho sbagliato tutto e quanto sono brutto». Ma subito dopo l’autore aggiunge: «Ma io sono lo stesso, però non capisco mai». Il paradosso: non è una questione di “non valere”, ma di non riconoscersi, di essere rimasti identici eppure completamente distanti da quell’immagine che abbiamo davanti. Il verso «Da che parte sto, da che parte stai?» introduce una relazione esterna: l’io riflesso non è soltanto una versione interna ambigua, ma un interlocutore con cui si cerca un dialogo. C’è anche un tu implicito, qualcuno dall’esterno che magari ha influenzato l’immagine che si è costruita oppure che osserva quel riflesso.
- Presenza costante dell’altro/altrove Nel testo compaiono immagini di «te», viste «molto spesso» in contesti quotidiani (nel televisore spento, affacciato al finestrino, canto dentro al cesso). Questo “tu” può essere inteso in diversi modi: una parte di sé proiettata all’esterno, un’altra persona che ha contato nella costruzione della propria identità, un pubblico o un osservatore permanente. Il “tu” può alimentare l’angoscia del riflesso: è come se l’immagine speculare non fosse solo un io interiore, ma uno che “sa” anche di essere guardato da quel tu. Quindi parte del tormento è il confronto con un osservatore esterno (reale o idealizzato).
- Nostalgia, gelosia, attesa Nella prima strofa appaiono termini come nostalgia e gelosia: nel passato l’io speculare “mi imitava”, guardava me come modello. Ma ora la relazione si è invertita: l’«uomo nello specchio» appare distante, forse desideroso di autonomia, forse carico di rancore. C’è una tensione drammatica tra chi ero e chi sono diventato, e fra il desiderio di riavvicinarsi e la paura di scoprire di essere troppo lontani per tornare.
Possibili riferimenti personali e musicali
- La canzone è una collaborazione con Fulminacci, che cofirma il testo e porta il suo stile riflessivo insieme a Silvestri.
- Silvestri, in interviste parlando dell’album Disco X, ha affermato che «L’uomo nello specchio» è fra i pezzi cui è più legato, perché nasce in poco tempo, in “palleggiamenti di parole e chitarre”, e perché rappresenta un tentativo di ricongiungersi con le proprie origini e interrogarsi sul percorso compiuto.
- Nel videoclip sono presenti riferimenti cinematografici e illusionistici: giochi di specchi, illusionismo, rimandi a film come The Lady from Shanghai (Orson Welles) e Vertigo (Hitchcock). Questi richiami visuali valorizzano il tema della percezione, del doppio, dell’inganno visivo.
- Dal punto di vista sociale, il brano può essere letto anche come una critica alla nostra epoca in cui l’immagine (reale o digitale) ha un peso enorme: siamo continuamente in relazione con il nostro riflesso mediato (social, sguardi altrui), e questo amplifica il distacco tra chi crediamo di essere e come veniamo visti.
Un’interpretazione “psicologica”
Potremmo vedere l’“uomo nello specchio” come una metafora dell’ombra junghiana: la parte di sé che tentiamo di nascondere, che rifiutiamo, ma che continua a restare presente dietro la maschera. Il brano esplora il conflitto tra l’ombra e il sé cosciente: non sempre possiamo dominarla, spesso è più viva di quanto vogliamo ammettere.
Allo stesso tempo, il testo suggerisce che l’identità non è monolitica: c’è sempre un dialogo in corso, un conflitto tra passato e presente, tra autenticità e finzione. Evitare lo sguardo nello specchio significa evitare quella parte di sé che accusa e che spera.
Infine, il “tormento” della riflessione diventa un atto di resa: non è un semplice guardarsi, ma un lasciarsi interrogare dall’immagine, anche se fa male.