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Testo: Piangere a 90 – Blanco
Sono stanco, son Riccardo, son di fretta
C’è mia mamma a casa che mi aspetta
Sono Blanco, sono stato pure in vetta
Ho toccato il cielo e il dito si raffredda
Non ho firmato per una vita in diretta
Ogni donna che ho abbracciato non l’ho stretta
Non sento più il brivido
Ora c’ho un livido
E io dovevo dirtelo ma dirtelo di pancia
Non puoi rifarti il cuore come ti rifai le labbra
E mi hai chiamato un taxi, è arrivata un’ambulanza
Mi hai detto che hai scoperto che si piange anche a 90
Quindi non c’è limite
Posso anche urlartelo
Ti amo, sei strana
Torni a sorridere
Era quello che mi interessava
Anche una scusa non regge più
Io sono questo, mi hai scelto tu
Io sono quello che il bello lo calpesta
Io sono questo, una bambola di pezza
Uno tra tanti nell’occhio del ciclone
Non arrabbiarti, quel fiore era un pallone
Uno di quelli che bucherà un signore
E fingere, vincere, vincere
Non è destinazione
E io dovevo dirtelo ma dirtelo di pancia
Non puoi rifarti il cuore come ti rifai le labbra
E mi hai chiamato un taxi, è arrivata un’ambulanza
Mi hai detto che hai scoperto che si piange anche a 90
E quindi non c’è limite
Posso anche urlartelo
Ti amo, sei strana
Torni a sorridere
Era quello che mi interessava
Interpretazione del testo
“Piangere a 90” di Blanco è un brano che si sviluppa come un’intima confessione, in cui l’artista mescola vulnerabilità, disillusione e una ricerca di sincerità che coinvolge sia la sua sfera privata che quella pubblica.
Dualità tra personaggio e persona
Fin dalle prime battute, Blanco mette subito in chiaro la propria fatica esistenziale, alternando il suo vero nome, Riccardo, al suo nome d’arte. L’affermazione “sono stanco, son Riccardo, son di fretta” ci fa capire come la pressione della notorietà possa far perdere il contatto con la propria identità più profonda. Blanco si presenta non come una superstar, ma come un ragazzo che, a dispetto del successo (“sono stato pure in vetta”), resta ancorato ai rapporti più semplici e reali, come quello con la madre che lo aspetta a casa.
Il successo, raccontato con la frase “ho toccato il cielo e il dito si raffredda”, viene così desacralizzato: raggiungere la vetta non porta calore, ma anzi una sensazione di distacco e freddezza, quasi che il vertice della fama sia una terra gelida e solitaria.
La pressione della vita sotto i riflettori
Blanco sottolinea che non ha “firmato per una vita in diretta”, cioè non si è mai veramente preparato ad essere costantemente esposto allo sguardo e alle aspettative del pubblico. La distanza fra la propria emotività e la necessità di mostrarsi sempre “sul pezzo” si fa sentire in modo pesante, tanto che nemmeno gli abbracci diventano veri (“ogni donna che ho abbracciato non l’ho stretta”).
La perdita del “brivido” e il sostituirlo con un “livido” sottolineano la trasformazione del piacere in ferita: la passione e l’emozione che una volta facevano battere il cuore ora lasciano spazio a una stanchezza dolorosa, a un segno che resta.
Relazioni e autenticità
Nel ritornello, Blanco affronta un altro tema cardine del pezzo: la difficoltà di comunicare emozioni vere. “Dovevo dirtelo ma dirtelo di pancia” significa voler parlare senza filtri, spinto solo dalla sincerità, eppure questa autenticità sembra sempre più difficile da raggiungere. La frase “non puoi rifarti il cuore come ti rifai le labbra” è potentissima: si può tentare di cambiare l’aspetto esteriore, ma le emozioni, le ferite e la capacità di amare non sono modificabili con la stessa facilità.
La storia raccontata nei versi prosegue con una chiamata che, invece di essere un normale taxi, diventa un’ambulanza: l’incontro amoroso si trasforma in un’esperienza dolorosa, quasi clinica. Qui Blanco introduce la frase che dà il titolo al brano: “hai scoperto che si piange anche a 90”. Il riferimento, probabilmente ironico e dolente, è al fatto che anche nei momenti più intensi e intimi (il “90” come posizione sessuale o come situazione estrema) si può essere colti dalla tristezza, a testimoniare quanto le emozioni siano imprevedibili e profonde.
Accettazione di sé e delle proprie imperfezioni
Nella seconda strofa Blanco si presenta come “una bambola di pezza”, fragile e senza difese, travolto dagli eventi (“nell’occhio del ciclone”). Ammette di essere “quello che il bello lo calpesta”: chi non riesce a godersi i successi, chi si sente inadeguato anche quando tutto va bene. L’immagine del fiore che si rivela un pallone richiama probabilmente episodi pubblici del passato, in cui ogni gesto può essere frainteso e ingigantito, diventando motivo di scandalo o polemica.
L’artista si fa portavoce di tutti coloro che sentono la fatica di dover sempre fingere, vincere e andare avanti, come se la “destinazione” della vita fosse soltanto la vittoria, la conquista continua, ma in realtà il percorso conta molto di più.
Conclusione: fragilità e ricerca della felicità autentica
Nel ritornello si ribadisce che l’unica cosa che davvero interessa a Blanco è vedere la persona amata tornare a sorridere. Il “ti amo, sei strana” è un modo sincero e disarmato di dichiarare amore, accettando anche l’irrazionalità e le stranezze che ogni relazione porta con sé. In fondo, ciò che conta è solo il benessere dell’altro, la capacità di ritrovare un sorriso in mezzo alle difficoltà.
“Piangere a 90” si rivela così una canzone profondamente personale, dove la confessione individuale si fa universale: parla a chiunque si sia sentito fragile, fuori posto o sopraffatto da emozioni che non sa spiegare. Blanco ci ricorda che si può piangere anche quando si dovrebbe essere felici, e che è proprio questa vulnerabilità a renderci umani e autentici.